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Giovane, universitario e “spioxino”

Cosa significa far parte della grande famiglia del collegio S. Pio X

di Luigi Granato

“Quello che offriamo è molto più di un alloggio: è un’esperienza di vita! Scegliere di far parte del nostro collegio è un’occasione per crescere e diventare adulti, una palestra dove esercitarsi 

nelle relazioni umane, un luogo dove imparare concretamente cosa significhi amare il prossimo.”

Solitamente sono le prime parole che rivolgo alle matricole che chiedono di entrare a far parte del collegio San Pio X, per gli amici semplicemente “Spiox”. La maggiorparte dei giovani che ho di fronte mi guarda con aria interrogativa, non comprende immediatamente quello che sto dicendo: a loro interessa unicamente trovare un posto dove alloggiare per il periodo degli studi, sono in ansia per quella nuova avventura che si chiama università. E come biasimarli! Stanno lasciando una vita fatta di certezze, di routine consolidate, per qualcosa di ignoto e ancora inesplorato. È solo una volta entrati in collegio che cominciano a dare un significato alle parole che hanno sentito appena arrivati. Cominciano a capire, ad esempio, che “crescere e diventare adulti” significa non avere più mamma che ti sveglia la mattina e ti prepara la colazione; che le “relazioni umane” sono fondamentali per non sentirsi soli e per imparare a muoversi nel nuovo ambiente; che “amare il prossimo” significa saper mettere da parte i propri interessi e le proprie preoccupazioni (magari per un esame) per aiutare qualcuno che ha bisogno di te.

Deve essere stato questo il senso e la missione che i Giuseppini del Murialdo avevano in mente quando nel lontano 1972 hanno fondato il collegio S.PioX al terzo piano di Via degli Etruschi, 36. In questi quarantacinque anni sono passati di qui centinaia, anzi forse migliaia di giovani studenti ciascuno portatore della propria storia e dei propri sogni. Quando per la prima volta ho sentito il termine “spioxino” ho sorriso e ho pensato semplicemente che fosse un modo simpatico per chiamare gli studenti del collegio S.PioX. Ma fu al 40° anniversario del collegio che capii cosa significasse davvero “essere spioxini”. È solo osservando gli occhi lucidi degli spioxini che ritornavano e si riabbracciavano che percepii che cosa quel posto aveva significato per loro; è dopo aver visto un gruppo di ragazzacci ormai quarantenni che sfoggiavano una maglia con la scritta “fuori sede, fuori corso, dentro lo spiox” che compresi lo spirito di gruppo che si creava; ed è sempre dopo aver sentito i racconti di alcuni di loro che capii davvero di essere entrato, quasi inconsapevolmnete, in una storia straordinaria chiamata “Spiox”.

Uno dei protagonisti di questa storia è sicuramente Padre Gino Giansante, sacerdote Giuseppino che ha dedicato venticinque anni della propria vita al collegio, rimanendo nel cuore di molti spioxini del passato che lo considerano come un secondo padre. La festa per il 40° fu un tale successo che decidemmo con Padre Antonio Molinaro di ripetere una festa in grande ogni cinque anni. E così il 13 maggio scorso abbiamo riaperto le porte agli spioxini in occasione del 45° anniversrio dello Spiox. In portineria, ad accogliere gli spioxini del passato (per noi non esistono ex-spioxini: una volta spioxini per sempre spioxini) provenienti da ogni parte d’Italia c’è ancora il mitico Alberto Monterunni, storico portiere nonché vittima preferita dagli studenti per i loro scherzi. Quando Padre Antonio lo cita durante la messa e lo ringrazia per la sua fedele presenza in tutti questi anni, scatta automatico l’applauso di tutti gli spioxini. Ed è proprio durante quella messa speciale, preparata in occasione del 45°, che assisto alla scena emblematica della giornata: durante l’offertorio, a portare il pane ed il vino all’altare sono un padre e un figlio, entrambi spioxini! Generazioni differenti che condividono un medesimo spirito; il passato che genera il presente e permette che la storia continui. È una scena meravigliosa testimone e simbolo dell’amore ricevuto durante gli anni degli studi e del senso di gratitudine verso un luogo che ti ha dato tanto e che ha visto scorrere gli anni più belli della propria vita.

Uno spioxino di qualche anno fa, in un racconto narrava il suo incontro casuale con un anziano signore, spioxino degli anni settanta, che gli aveva descritto com’era diverso una volta il collegio: “Nella mia mente ormai immagino il collegio 30 anni fa: tutto era diverso, proprio tutto. Dalle stanze alla cucina, dalla portineria alla sala riunioni. Pensandoci mi accorgo però che c’è qualcosa che resiste al passare inesorabile del tempo rimanendo intatto come il primo giorno: lo spirito spioxino. E’ un sentimento davvero particolare, un misto di senso di appartenenza e orgoglio, solo chi ha vissuto in prima persona le emozioni di questo posto può capire a pieno questa sensazione.” Giuseppe Mazzamurro, l’autore del racconto, si soffermava poi sul fatto che l’anziano signore, nel procedere della descrizione, non riuscisse a trattenere le lacrime tanto era l’emozione dei ricordi. E sinceramente non faccio fatica a crederci, dato che nella mia pur breve esperienza da responsabile dello Spiox ho visto andare via con le lacrime agli occhi diversi spioxini che avevano terminato i loro studi. Perché, parafrasando un film di un po’ di anni fa, allo Spiox piangi due volte: quando te ne vai e quando ritorni!

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