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Il quartiere San Lorenzo

La finalità della costruzione del quartiere San Lorenzo fu la realizzazione di alloggi per gli operai che arrivarono a Roma alla fine del secolo XIX per supportare lo sviluppo urbanistico della città a cavallo tra il secolo XIX e il XX. Primi abitanti sono infatti ferrovieri, operai ed artigiani. Da qui la natura popolare del quartiere, che si rispecchia nelle particolari tipologie abitative.
Nel 1909, San Lorenzo entrò nel piano regolatore del comune di Roma e benché non vi fosse la volontà, il quartiere assunse subito i connotati di una zona popolare.
Fu l’unico quartiere in cui si tentò di fermare la Marcia su Roma, tanto che da lì nacque la fama di “Quartiere rosso” assieme ad altri quartieri storici della Capitale, come il Testaccio.
Il 19 luglio del 1943, in piena seconda guerra mondiale, fu il quartiere più colpito dal primo bombardamento degli alleati su Roma, che avevano l’obiettivo di attaccare lo scalo merci ancora oggi attivo, insieme al quartiere Tiburtino, al Prenestino, al Casilino, al Labicano e al Tuscolano. Il 19 luglio del 2003, nel “Parco dei Caduti del 19 luglio 1943”, è stato inaugurato un monumento commemorativo per i caduti del bombardamento. L’opera riporta i nominativi delle 1.674 vittime (accertate) di San Lorenzo. Il quartiere, dunque, è particolarmente giovane. Un quartiere giovane che si fa portatore di elementi innovativi rispetto a Roma. San Lorenzo è storicamente molto omogeneo a livello socio demografico, a differenza degli altri quartieri di Roma, caratterizzati dalla commistione tra ceti popolari e ceti nobiliari e quindi la sua identità si è strutturata per differenza e contraddizione. Un quartiere con una certa cultura popolare che, negli ultimi anni, ha visto invece uno stravolgimento di questo assetto a livello socio-culturale e di offerta economica e soprattutto a livello culturale. Molto spesso però i cambiamenti strutturali non sono accompagnati a dei cambiamenti negli assetti culturali e simbolici. C’è pertanto un sentimento di alienazione della cultura popolare rispetto a un cambiamento strutturale che è di tutt’altra matrice.
San Lorenzo è un quartiere in via di trasformazione. Il ritorno a San Lorenzo della facoltà di Psicologia, avvenuto nel 1985, ha rappresentato un fatto di rilievo per il quartiere.
Molti studenti fuori sede hanno trovato alloggio nei pressi dell’università; studenti e professori (molte centinaia ogni giorno) frequentano i bar, i ristoranti, i negozi del quartiere limitrofi alla sede universitaria. Durante il giorno i giovani frequentano l’Università e studiano.
La sera escono per divertirsi; il loro divertimento è molto chiassoso, come i locali che frequentano sino a tarda notte.
Il quartiere ha cambiato faccia perdendo via via la fisionomia schiettamente popolare che aveva assunto dal suo sorgere al dopoguerra: le persone anziane, ma anche quelle di mezza età, assistono impotenti alla trasformazione quotidiana di un contesto abitativo prima tranquillo e autocentrato, ora attraversato da frotte di “estranei”. San Lorenzo sta perdendo, dunque, le caratteristiche di borgo autoctono, periferico e capace di bastare a se stesso, per inserirsi nell’offerta della vita notturna della capitale.
Tutto questo non avviene soltanto a causa dell’Università, quanto anche per via di uno sviluppo dei luoghi “alla moda” che si spostano e si espandono nella capitale, alla ricerca di sempre nuove offerte e attrazioni. Rimane il fatto che San Lorenzo è un quartiere in cambiamento, come molte altre zone di Roma; ma questa trasformazione è, forse, più evidente per via di un certo immobilismo che ha caratterizzato il quartiere per molti decenni precedenti.
Il quartiere ha una sua tradizione che differisce totalmente dall’immagine di una romanità “popolare” intrisa di simpatia e di atteggiamenti bonari e alcune volte anche falsi. Qui la tradizione non è quella del romanaccio più furbo che intelligente, debole e strafottente.

A San Lorenzo non c’è posto per quella “romanità” che spesso viene ingiustamente, ma “turisticamente” attribuita a Trastevere, la romanità dei film anni quaranta e delle commedie musicali del secondo dopoguerra. San Lorenzo ha una storia “vera” e una tradizione ben presente nella cultura dei suoi abitanti. Una storia forse unica tra i quartieri
di Roma, comprensibilmente dipendente dallo scarso ricambio nella sua popolazione e quindi dalla compattezza dell’adesione alle tradizioni.
Il tema della sicurezza e della lotta all’illegalità è sempre presente nella cultura del quartiere ed è riferito spesso al civismo: è la crisi del civismo che porta con sé, necessariamente, problemi concernenti la sicurezza di chi vive a San Lorenzo; essa, quindi, non è riferita al “diverso”, alla paura dell’estraneo e della sua violenza, quale deriva necessariamente e ineluttabilmente dal fatto stesso dell’estraneità. A San Lorenzo non emerge alcuna tendenza al razzismo, inteso quale attribuzione di connotazioni sgradevoli e pericolose a tutti coloro che sono “altri”, diversi dal proprio gruppo d’appartenenza per problemi di lingua, di colore della pelle, di zona di provenienza, di cultura o di abitudini di vita. In ogni caso da qualche anno sta “emergendo”, nel vero senso della parola, il problema del commercio e dell’uso delle droghe che, oltre a rappresentare un rischio in sé, attira sul quartiere ulteriori dinamiche di attacco alla legalità, alla sicurezza, alla vivibilità.
San Lorenzo è un quartiere che storicamente accoglie e che in passato era stato di frontiera per tutti quelli che venivano dalla Marsica, dall’Abruzzo, dall’Umbria e dalle altre provincie del Lazio. Questa accoglienza incondizionata sembra essere rimasta.
Gli stessi giovani, gli studenti fuori sede, ma anche gli studenti romani che frequentano il quartiere di giorno e di notte, lo vivono come un quartiere dove è possibile andare, stare e vivere, ma che allo stesso tempo non si lascia conoscere e non coinvolge se non in un’offerta culturale dei giovani e per i giovani.
L’offerta culturale qui a San Lorenzo è molto ampia così come in altri quartieri romani: quartieri popolari o marginali che diventano centro di un’offerta culturale interessante fatta di arte di strada, musica di nicchia, boutique di stilisti emergenti.

La testimonianza di p. Antonino

San Lorenzo? Uno dei quartieri di Roma, che qualcuno chiama Rione e che i primi Giuseppini, all’inizio del secolo scorso, chiamavano Borgo e i “sanlorenzini” erano definiti i “buoni borghigiani”. Quartiere pieno di ragazzi, che poi, una volta cresciuti e spostatisi, hanno trovato casa altrove. Li vedi tornare, come una rimpatriata, in occasione della
Festa dell’Immacolata. Gioventù? Sì, ce n’è tanta, sono in maggioranza studenti venuti anche da lontano per frequentare l’Università. Gli studenti trovano alloggio presso molte famiglie, anche perché queste hanno visto assottigliato il numero degli inquilini. Un certo numero di studenti è alloggiato in qualche collegio come il nostro. Un grande numero di giovani si riversano a sera in Piazza Immacolata o Largo degli Osci; arrivano da altre zone di Roma con chitarre, tamburi, cani e con la loro immancabile birra, e lì canti, suoni, spettacoli. Ma i giovani del quartiere? Sì, ci sono ed hanno conservato lo stile allegro, dei “sanlorenzini”. Grazie a Dio, possono ora trovare spazi nel nuovo cortile dell’Opera San Pio X, all’ombra del campanile.

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