Home Progetto 2012-2015 Il carisma giuseppino: sulle orme del Murialdo

Il carisma giuseppino: sulle orme del Murialdo

La centralità del giovane

Carismagiuseppino1Punto di partenza di ogni intervento educativo è il giovane nella sua realtà unica e irripetibile e nella concreta situazione in cui si trova. La comunione coi giovani è qualcosa di totalizzante per noi giuseppini; è nel cuore della nostra esperienza di comunione con Dio. Siamo chiamati a riprodurre – attualizzandola – la preoccupazione educativa di S. Giuseppe, che ha preso a cuore Gesù fanciullo e adolescente, mettendosi a servizio della sua crescita in sapienza, età e grazia, davanti a Dio e agli uomini. Affermava il Murialdo: “agli occhi di Dio io tengo l’ufficio di S. Giuseppe in rapporto ai ragazzi, che sono altrettanti piccoli Gesù”. Essere “amico, fratello e padre” per i giovani è la natura propria di ogni giuseppino senza la quale egli perde la propria identità.
A partire dal giovane, l’intervento educativo si caratterizza per il senso della gradualità. Nella consapevolezza che lo sviluppo del giovane avviene per gradi, il giuseppino si sforza di centrare i compiti sulle capacità individuali, proponendo un cammino di progressione personale, con livelli diversi ed opportunità adeguate per la crescita nella responsabilità e nell’autonomia. Proprio perché il giovane è al centro, l’impegno educativo si caratterizza ancora per il senso della continuità; idealmente è un impegno preso per sempre.

Lo stile di famiglia

Formare una sola ben unita famiglia è il sistema educativo proposto dal Murialdo; è uno stile che avvolge l’intera impostazione educativa e crea un clima in cui è possibile fare esperienza di comunità, di significative relazioni paterne-fraterne-amicali. Ne scaturisce per la comunità educativa un orientamento continuo verso l’unità di pensiero, di azione e di amicizia, che significa integrazione tra laici e religiosi, autenticità e semplicità nei rapporti, un senso di appartenenza che accomuna tutti in vario modo nella Famiglia del Murialdo.

  • Noi religiosi, esplicitamente chiamati ad essere padri e fratelli, abbiamo un compito di primaria importanza nell’essere una ben unita famiglia in Cristo; è un compito di responsabilità e di coordinamento inerente alla fedeltà e allo sviluppo del carisma, di animazione spirituale e formazione dei laici.
  • I laici, consapevoli della dignità battesimale, chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità, sono invitati a condividere il carisma e a partecipare all’unica missione educativa affidata alla comunità; nel rispetto delle competenze professionali, delle diversità delle circostanze e dello stato di vita, possono giungere anche a corresponsabilità direttive e gestionali.
  • I giovani sono sollecitati progressivamente a vivere da protagonisti il cammino educativo. In sintonia col Murialdo che ha dato loro fiducia e ha fatto leva sulle potenzialità insite in essi, occorre puntare sulla responsabilizzazione ed agire con loro piuttosto che per loro.

L’attenzione alla globalità

La pedagogia giuseppina si caratterizza per un’attenzione globale alla vita del giovane nelle sue varie dimensioni: fisica, intellettuale-professionale, relazionale-affettiva, sociale, morale, spirituale. Il Murialdo accoglieva dichiaratamente i ragazzi per dare educazione, non solo istruzione, offrendo una via per diventare buoni cri stiani e onesti cittadini, invitandoli a “pregare, imparare, giocare”.
Nell’azione pastorale a favore dei giovani il giuseppino si preoccuperà dunque della loro formazione integrale, aiutandoli a raggiungere la maturità umana e soprattutto a crescere nella fede. Tale orientamento mette in guardia dal fare pura trasmissione di cultura, semplice attività sportiva o solo catechesi, mentre c’è da of frire un ventaglio di proposte, in cui il giovane possa trovare risposta alle proprie esigenze.

Il coinvolgimento nella condivisione

Non è possibile stabilire un rapporto educativo mantenendo le distanze. La rigidità dei ruoli e dei programmi, anche il peso di istituzioni e strutture, ostacolano quella base necessaria di condivisione, senza la quale ogni costruzione diventa instabile. Il giuseppino – sull’esempio del Murialdo – sa essere amico dei ragazzi, si impegna a stare in mezzo ai giovani con una presenza gioiosa e vigilante, che si caratterizza per il coinvolgimento e la co munione di vita, il contatto quotidiano, gomito a gomito. È il condividere le medesime condizioni e difficoltà, gioie e dolori, come tra fratelli ed amici, tra padre e figlio, mettendo a di sposizione tempo, competenze, salute, nonché spazi ed investimento economico.

L’esperienza spirituale del Murialdo

Carismagiuseppino2

È difficile sintetizzare lo stile con cui il Murialdo stava in mezzo ai ragazzi. Il suo modo di amare i giovani dipendeva certo dal suo carattere e dalla sua formazione. Ma un forte influsso ebbe anche la sua esperienza spirituale. Essa ha le sue radici in una grave crisi giovanile, un periodo difficile e doloroso di lontananza da Dio a 14 anni e che Leonardo non dimenticò più. Anzi, in seguito ne trasse un insegnamento e un’esperienza fondamentali per la sua vita e la sua spiritualità: la consapevolezza della sua colpa e della sua debolezza, ma insieme la dolce certezza dell’amore misericordioso
di Dio per lui e per ogni uomo. La crisi e la sua soluzione segnarono anche la sua pratica pedagogica fatta di dolcezza, di comprensione e di pazienza. Ritornato a Dio, dopo lo sbandamento giovanile, il Murialdo sperimentò in modo forte e vitale l’amore misericordioso e accogliente del Padre. Egli sentì e visse questo amore sottolineandone specialmente alcune tonalità. L’amore di Dio è:

Gratuito. Dio mi ama per primo, in modo del tutto disinteressato,
senza alcun merito da parte mia. Tale consapevolezza generò nel Murialdo l’impegno a una risposta che fosse il segno, tra i giovani, dell’amore gratuitamente ricevuto da Dio. Fu segno di gratuità, nel Murialdo, ricco, intelligente, con molte possibilità a portata di mano, l’aver scelto di lavorare con i più poveri tra i giovani, in una situazione economica, quella del Collegio Artigianelli, sull’orlo della bancarotta.

Attuale. Dio mi ama in ogni istante, in questo preciso momento egli pensa a me. Il Murialdo non faceva mai mancare il proprio affetto e la propria vicinanza ai suoi ragazzi.
Era inoltre sempre attento alle esigenze dei giovani. In questa apertura rientra anche l’esigenza di un continuo aggiornamento per una pastorale di qualità. Il Murialdo era solito esprimere questo concetto con l’esortazione: “facciamo il bene, ma facciamolo bene”.

Personale. Dio ama proprio me, mi chiama per nome, mi conosce e mi sceglie tra mille. In un tempo e in un ambiente che privilegiavano l’educazione e la pastorale di massa, il Murialdo seppe essere attento alle singole persone, cercando il contatto personale e il clima di famiglia.

Infinito. Dio mi ama con cuore grande, smisurato; il suo amore è eterno e universale.
L’amore infinito di Dio fu per il Murialdo la sorgente e il modello per un servizio totale e duraturo, radicale e senza mezze misure. I suoi ragazzi avevano alle spalle storie di lunghi e dolorosi abbandoni. Era naturale aspettarsi un cammino educativo difficile,
segnato da cadute e sconfitte. Ma questo non doveva scoraggiare chi sceglieva di dedicarsi a loro.

Tenero. Dio mi ama con un cuore di madre, pieno di affetto verso di me. La tenerezza e la dolcezza furono forse tra le caratteristiche più evidenti della pedagogia del Murialdo, anche quando si rendevano necessari interventi severi. Suggeriva che i castighi fossero rari. La sua azione tra i ragazzi si ispirava all’amore di Dio, che accoglie e perdona.

Misericordioso. Dio dimentica i miei sbagli e tradimenti, mi ama e mi accoglie sempre se voglio tornare a lui. L’esperienza che il Murialdo fece dell’amore misericordioso di Dio indusse in lui un atteggiamento di profonda fiducia e di serena speranza anche nei confronti dei giovani più difficili. La speranza di recupero e di reinserimento nella società anche dei giovani più problematici era fondata sulla stima per il valore ontologico e cristiano della persona. Un valore che non dipende dal modo con cui il ragazzo si presenta, ma dal suo stesso essere persona.

Da quanto appena descritto emerge un quadro che, sebbene non teorizzato dal Murialdo, potrebbe interpretare in modo illuminante la sua pedagogia. È il parallelismo istituito tra l’esperienza di Dio amore e lo stile della pastorale giovanile del Murialdo, che vuol essere segno e strumento dell’amore di Dio che egli ha conosciuto.

Lo stile educativo della Famiglia del Murialdo

La Famiglia del Murialdo ha elaborato uno stile educativo che si è costituito con l’esperienza di tanti educatori che hanno speso la loro vita al fianco dei ragazzi e dei giovani. I loro consigli, le loro indicazioni si sono sintetizzate nelle varie “regole di vita”, che costituiscono il riferimento primo di ogni religioso. La Regola attuale dei Giuseppini del Murialdo sintetizza così il nostro stile educativo:

Ispirandosi a S. Giuseppe, educatore di Gesù, i confratelli amano vivere tra i giovani come amici, fratelli e padri, partecipando alla loro vita, condividendo le loro gioie e sofferenze, e creando con essi un clima di fiducia ed ottimismo. Animati dalla carità di Cristo, essi pregano per i giovani, sono aperti alle loro esigenze con spirito di iniziativa e creatività, lasciandosi sempre guidare da cordialità semplice e rispettosa, dalla pazienza, dalla dolcezza e dalla bontà”.

Prendendo questo testo come riferimento, cerchiamo nei principali regolamenti della tradizione educativa giuseppina le indicazioni concrete sul nostro stile di presenza in mezzo ai ragazzi e ai giovani. In particolare vogliamo mettere in luce due virtù riconducibili direttamente al carisma giuseppino: l’umiltà, la carità e l’importanza del dare l’esempio nello stile educativo della famiglia del Murialdo. È chiaro che, quanto viene detto come indicazione per i confratelli giuseppini, vale anche per tutti gli educatori, collaboratori e animatori che si vogliono ispirare a questo medesimo stile educativo, lasciatoci dal Murialdo.

L’umiltà, oltre che elemento fondamentale dello stile del Murialdo, è qualità basilare per l’educatore: l’eccessiva sicurezza di sé e la ricerca di stima e di successo personale sono dei rischi sempre in agguato. Per questo gli educatori giuseppini pongono l’umiltà come fondamento dell’opera nell’educazione ed istruzione dei giovani loro affidati. Agli umili Dio dà la grazia di ben istruire e saggiamente educare. L’umiltà così intesa significa dunque: mettersi a servizio dei giovani con semplicità e con fiducia nella consapevolezza di essere strumenti nelle mani di Dio, convinti che l’educazione cristiana è opera sua e noi ne siamo intermediari;
accettare noi stessi e gli altri, con le capacità e i limiti, i successi e gli errori, nella consapevolezza che l’ideale perseguito non è mai pienamente raggiunto; applicarsi con dedizione e laboriosità instancabile, caratterizzata dal fare e tacere, dalla gratuità e dal sacrificio che porta a dare la vita per chi ha bisogno.

La carità è altra prerogativa fondamentale per i giuseppini. Lo stare in mezzo ai giovani secondo lo stile del Murialdo ci porta a prediligere gli ultimi. La scelta di dedicarsi “ai giovani poveri, abbandonati e maggiormente bisognosi di aiuto e di cristiana educazione” non costituisce solo il campo di apostolato
proprio della nostra Congregazione, ma indica anche un ben determinato stile di rapporti e di educazione, che porta l’educatore a dedicarsi con maggior cura a quei giovani che tra tutti si dimostrano i più poveri, gli ultimi, o quelli che, come si dice, “fanno più disperare”, amandoli più degli altri proprio perché più bisognosi di aiuto. Alla carità devono essere affiancate rispetto e dolcezza. Come diceva il Murialdo: “bisogna diffondere tra noi lo spirito di dolcezza, di amorevolezza, di familiarità, di pazienza coi giovani”. “Tutti hanno il compito di attirare i fanciulli a Dio ed i fanciulli non si attirano a Dio con altra calamita fuor di quella della dolcezza. Studiamoci dunque di avere sempre, quando trattiamo con essi, un volto ilare, un tratto cortese, un parlare grazioso, affabile, affettuoso”. Gli educatori giuseppini “ricorderanno che solo con la dolcezza guadagneranno il cuore dei loro ragazzi…” Carità è quindi: servizio generoso a favore dei piccoli e dei poveri a cui appartiene il Regno di Dio, con la disponibilità a perdere noi stessi per accogliere chi è più in necessità; uno stile di rapporto segnato da rispetto e dolcezza; l’atteggiamento che informa di sé le diverse scelte metodologiche, caratterizzando la nostra pedagogia come pedagogia dell’amore

L’esempio deve costituire il vero valore del carisma giuseppino, ciò che dà significato al nostro stile educativo. Perciò si deve educare al bene, alla virtù, alla fede, adoperandosi per “spargere nel cuore dei propri allievi il seme delle virtù cristiane, che sono per eccellenza le virtù morali e soprattutto lo spirito di umiltà e di sacrificio, studiandosi di far amare ai giovani queste virtù, e indurli con esortazioni, comuni o private, e cogli esempi a farle praticare”. Occorre per questo ricordare che si insegna più con l’esempio che con le parole.

Comments are closed.

X